Preoccupazione
La maggiore preoccupazione di una donna con ipotiroidismo in gravidanza è il rischio della ricaduta del suo ipotiroidismo sulla salute del feto e le eventuali conseguenze sullo sviluppo fisico e mentale del bambino.
In alcuni casi, questa paura è secondaria a quella di non portare a termine la gravidanza, soprattutto quando si è già andate incontro ad aborti spontanei o se si è affrontato un lungo e impegnativo ciclo di stimolazione ormonale per una fecondazione assistita. La gestione dell’ipotiroidismo in gravidanza richiede particolare attenzione e personalizzazione per garantire il benessere della madre e del bambino.
Rassicurazione
Le pazienti già in terapia con ormoni tiroidei possono stare tranquille in quanto la loro patologia è, dunque, diagnosticata e sarà cura dello specialista curante modificare la dose terapeutica quando questo si rendesse necessario. A questo proposito vanno ricordati alcuni punti:
- nel primo trimestre è importante che i valori di vitamina D3 siano ottimali (diversi studi mettono in relazione la poliabortività di questo periodo con livelli bassi di vitamina D3) e monitorare TSH ma anche fT4 ed Ft3 in un periodo in cui il feto è vero che è ancora talmente piccolo da non richiedere una dose maggiore di ormoni ma la sua tiroide non è ancora in grado di produrre tiroxina autonomamente;
- dal quarto-quinto mese la tiroide fetale diventa funzionante e può sopperire a eventuali carenze ma è anche vero che inizia il periodo del maggior bisogno di tiroxina da parte dell’intero sistema madre-feto-placenta. E’ in questo periodo che è solitamente previsto l’incremento del dosaggio terapeutico;
- ricordo che un TSH alto vuol dire che l’ipofisi sta stimolando la tiroide a produrre una sufficiente quota di ormoni tiroidei. Solo quando il valore del TSH sale ben oltre i 10 mIU/L c’è il rischio che la produzione ormonale tiroidea sia insufficiente.
Ginecologi e TSH
Capita spesso che le pazienti riferiscano che il loro ginecologo vuole che il TSH sia inferiore a 2 mIU/L.
Il motivo sta nel fatto che le linee guida consigliano nel primo trimestre un valore di TSH inferiore a 2.5 mIU/L e, soprattutto nei casi di gravidanze a rischio (precedente aborto o fecondazione assistita) non si vuole correre il rischio di un insuccesso di cui essere ritenuti responsabili.
In questi casi, si rimanda all’endocrinologo oppure è lo stesso ginecologo che prescrive una dose appropriata di tiroxina. Questa farà abbassare il TSH ma potrebbe alterare il rapporto fT4/fT3 a svantaggio del fT3 che rappresenta l’ormone attivo. Dunque, meglio misurare sempre le due frazioni.