Esiste una relazione tra Alimentazione e Tiroide?
Quello che mangiamo e la corretta funzione della tiroide? Oppure, è possibile curare una tiroide malata con una giusta alimentazione?
La relazione tra Alimentazione e Tiroide si è arricchita negli ultimi anni di molti studi che hanno confermato come questa relazione esista e sia ancora non ben affrontata nel corso delle normali visite endocrinologiche.
Siccome l’argomento è molto complesso, cercherò di chiarirlo classificando i diversi tipi e stadi di patologia tiroidea.
IPOTIROIDISMO SUBCLINICO
Forma di ridotta funzione della tiroide, senza alcuna causa apparente, che comporta la presenza di alcuni sintomi riscontrabili anche nell’ipotiroidismo clinico (stanchezza, mancanza di energia, rallentata lucidità mentale, gonfiore, cefalea, irregolarità mestruali, freddolosità) anche se in maniera più lieve.
Allo studio ecografico, la tiroide appare indenne da patologie nodulari e infiammatorie e viene descritta “nel limiti” anche se, ad una valutazione più attenta la sua struttura parenchimale potrebbe essere descritta come lievemente disomogenea.
I valori di fT4 ed fT3 sono nella norma anche se, ad un’attenta valutazione, potrebbero essere prossimi al limite inferiore del range.
Il TSH, ormone con cui l’ipofisi stimola la tiroide quando registra una carenza di ormone tiroideo periferico, risulta ai limiti alti del suo range oppure oltre (TSH “alto”). L’approccio endocrinologico classico si pone a questo punto la domanda se trattare o non trattare questa forma di ipotiroidismo, dove per trattare si intende dare un dosaggio basso di levo-tiroxina e vedere quello che succede e non trattare significa lasciare la paziente con i suoi sintomi.
Approccio endocrinologico funzionale
Basso valore di ft4: siamo di fronte ad una ridotta produzione tiroidea da parte di una ghiandola apparentemente sana. Cosa fare?
In questo caso è utile integrare con iodio (necessario per la produzione degli ormoni tiroidei), selenio (costituente fondamentale delle desiodasi, enzimi che trasformano il t4 in t3), zinco, vitamine del gruppo B (B2 e B6), aminoacidi come la tirosina. Tale integrazione è preferibile farla scegliendo alimenti che contengano i diversi elementi oppure si può ricorrere ad integratori. Allo stesso tempo è necessario ridurre drasticamente dalla dieta glutine, latticini e soia che svolgono in maniera diversa un’azione antitiroidea.
Normali valori di ft4 ma bassi valori di ft3: siamo di fronte ad una sufficiente funzione della tiroide, il problema è la ridotta conversione del t4 in t3 (ormone attivo). Cosa fare?
La conversione del t4 in t3 (ormone attivo) avviene ad opera di selenio-proteine enzimatiche (Desiodasi).
Integrando selenio è possibile indurre un aumento della trasformazione della t4 in t3 mentre, prescrivendo levo-tiroxina (Eutirox ad esempio), si provoca un aumento della sola t4 e si abbassa lo stimolo del TSH sulla tiroide che, in questo caso, è contro producente derivandone una ridotta funzione. Come alimentazione consiglio drastica riduzione della soia (nei vegani in particolare) e un periodo di circa sei settimane di dieta depurativa per disintossicare fegato e intestino per migliorare l’attività desiodasica intestinale.
Riassumendo
- Sono dinanzi ad una tiroide integra che produce poco t4: integro iodio, selenio, zinco, aminotirosina, B2 e B6 e prescrivo un’alimentazione con poco glutine e senza latticini. Dopo 2 mesi ripeto esami e rivaluto i sintomi.
- Sono dinanzi ad una tiroide integra che produce una quota normale di t4 che però si converte poco in t3: integro con selenio, riduco la soia e prescrivo un’alimentazione depurativa.
IPOTIROIDISMO AUTOIMMUNE (TIROIDITE DI HASHIMOTO)
Causa principale di ipotiroidismo clinico. La tiroide, attaccata da autoanticorpi, va incontro ad un processo infiammatorio cronico che ne causa lenta e graduale distruzione e conseguente ipofunzione.
Non esiste una causa riconosciuta ma una predisposizione ad ammalarsi di patologie autoimmuni, di cui la tiroidite è la più frequente, dopo esposizione ad agenti virali (Epstein-Barr, Cytomegalo virus) o in particolari momenti di stress ormonale (parto, menarca, menopausa) o psicologico oppure dopo esposizione ad interferenti endocrini o radiazioni o inquinanti atmosferici e alimentari.
In tutti questi casi chi ha le difese immunitarie basse ha più facilità di sviluppare patologie autoimmuni (tiroidite, psoriasi, vitiligine, gastrite autoimmune, connettiviti).
Il 100% cioè tutti i miei pazienti con tiroidite presentano una ipovitaminosi D!
La vitamina D, conosciuta soprattutto per i suoi effetti sul metabolismo del calcio, ha spiccate capacità di difesa dai processi autoimmuni. Averla bassa è come girare in sala raggi senza protezione.
Come dovrà essere allora l’alimentazione?
Tiroidite in fase iniziale con la tiroide ancora integra o solo parzialmente compromessa: occorre assolutamente privilegiare una dieta antinfiammatoria eliminando il glutine e i latticini ed integrare vitamina D3. Questo è necessario per ridurre il processo autoimmune e cercare di salvaguardare la funzione tiroidea residua.
Tiroide oramai atrofica: qualsiasi integrazione o modifica nell’alimentazione non sarebbe in grado di assicurare una benché minima ripresa funzionale.
PATOLOGIE NODULARI – GOZZO NODULARE
L’aumento della produzione del TSH ipofisario, in risposta ad una ridotta funzione della tiroide, rappresenta uno stimolo alla crescita non solo della ghiandola (gozzo semplice) ma contribuisce alla formazione, alla crescita ed alla vascolarizzazione dei noduli tiroidei.
In questi casi è necessario abbassare la produzione ipofisaria di TSH stimolando, laddove possibile, la funzione tiroidea con le stesse indicazioni alimentari ed integrative descritte a proposito dell’ipotiroidismo subclinico.
IPERTIROIDISMO
Nell’ipertiroidismo la tiroide produce una quota maggiore e fuori controllo ipofisario di T4 (leggi questo articolo). Anche in questo caso siamo davanti ad una patologia autoimmune nella quale gli autoanticorpi vanno a legarsi allo stesso recettore del TSH ipofisario continuando a stimolare la produzione di T4 senza sosta.
Per questa patologia autoimmune, la scelta di un’alimentazione senza glutine e latticini non comporta alcun miglioramento. Fondamentale invece è la terapia con famaci che riducano la funzione tiroidea e, allo stesso tempo, evitare assolutamente l’assunzione di iodio.
ALIMENTAZIONE E TIROIDE NELLE PATOLOGIE TIROIDEE
Iodio
Lo iodio, dal greco iodes (violetto), è diffuso nell’ambiente in diverse forme chimiche, è infatti contenuto nelle rocce, nel suolo e nell’acqua. Lo iodio dei mari evapora per tornare sulla superficie terrestre attraverso le piogge ed essere poi assorbito dalle piante. Lo assorbiamo, dunque, respirando aria marina e mangiando verdure coltivate in terreni ricchi di iodio.
Per quanto riguarda il fabbisogno giornaliero di iodio, il Ministero della Salute ne raccomanda l’assunzione di 150 mcg da aumentare fino a 200 mcg per la donna in gravidanza e durante l’allattamento.
L’organismo produce iodio solo in minime quantità, quindi la fonte principale resta il cibo.
Alimenti che contengono quantità maggiori di iodio: crostacei, pesce soprattutto di mare, molluschi, sale marino, uova.
Selenio
Abbiamo detto che le desiodasi, proteine enzimatiche che trasformano il pre-ormone T4 nella forma attiva T3, sono selenio proteine, dunque, hanno bisogno del selenio per esplicare al massimo la loro funzione.
Dove si trova il selenio in natura? Essendo un minerale presente nei terreni lo troviamo nelle verdure, cereali e legumi, nella frutta secca e nel riso soprattutto integrale; inoltre nel tuorlo d’uovo e nel pesce azzurro.
Zinco
Lo zinco prende parte in numerose attività enzimatiche ed aiuta molte ghiandole a funzionare al meglio e, tra queste, la tiroide.
Lo zinco lo ritroviamo negli stessi alimenti dove è presente il selenio.
Tirosina
Aminoacido precursore della tiroxina, proteina base per la formazione degli ormoni tiroidei.
Sebbene sia prodotto dal nostro organismo è bene sapere come integrarlo con la dieta per sopperire alla sua carenza in caso di stress fisici e psichici.
Cibi che contengono tirosina: pesce, pollo, tacchino, mandorle, banane, latte ed i suoi derivati, semi di sesamo, avocado e semi di zucca.
Soia
Diversi studi hanno confermato che i prodotti contenenti soia inibiscono l’assorbimento degli ormoni tiroidei. Nei pazienti ipotiroidei che utilizzano quotidianamente alimenti a base di soia (vegani ad esempio) potrebbe essere necessario incrementare la dose terapeutica.
Secondo questi studi, in individui con funzione tiroidea compromessa e/o con ridotto apporto di iodio, il consumo di soia potrebbe aumentare il rischio di sviluppare ipotiroidismo.
Non sembrano invece esserci influenze negative di tipo gozzigeno su persone con normale funzionalità tiroidea.
Dott. Antonio Stamegna
Specialista in Endocrinologia e metabolismo
Docente di Endocrinologia estetica presso UNICAM